(terra
di passaggio e di frontiera)
In
questi giorni mi sono dilettato nella lettura di un libro molto
interessante: Vocabolario Etimologico Romagnolo, un' occasione per
scoprire da dove derivano molte parole ascoltate e parlate fin
dall'infanzia.
La
lettura, oltre a soddisfare questa mia curiosità mi ha permesso di
prendere ulteriore coscienza che i confini in fondo non sono altro
che linee esistenti solo sulle cartine geografiche, illusorie pareti
nella testa di alcuni e che le parole più delle persone viaggiano,
si trasformano e si adattano a tutti i luoghi in cui abitano.
In
Romagna, il dialetto locale ha subito influenze a 360° e se una
stragrande maggioranza di termini ha origini latine, lascito
dell'impero romano, non sfuggono i tanti vocaboli ereditati dai
popoli nordici che hanno abitato questo territorio.
Ritenendo prevedibile che anche il dialetto romagnolo, durante i secoli si sia
arricchito di terminologie la cui provenienza è da collocare in
lingue straniere ma pur sempre europee non si può rimanere
indifferenti nello scoprire che ci sono parole che traggono origine
da idiomi più esotici come l'ebraico o l'arabo.
Tuttavia,
riflettendo un attimo, credo non sia così sorprendente, infatti la
Romagna da sempre può essere definita come una terra di passaggio e
di frontiera, in cui multiculturalità e radici popolari hanno
convissuto, convivono e conviveranno soprattutto grazie alle due
linee urbanizzate costituite dalla riviera adriatica e dalla via
Emilia, diramandosi poi verso le valli appenniniche e le terre
coltivate della pianura padana, rendendo sostanzialmente la Romagna
non come alcuni sostengono una regione o una provincia il cui
perimetro è definibile con una certa precisione ma come una sorta di metropoli
(perciò illimitabile) non troppo dissimile ad altre sparse per il
mondo e comunemente riconosciute, ma che
per il suo indissolubile legame con la cultura contadina è più
sensato definire “agrimetropoli”.
Nessun commento:
Posta un commento