(e di altri liquidi biologici)
Si sa che settembre d'altronde è feroce, lo è sempre stato fin dai tempi della scuola quando finite le vacanze estive il tempo ricominciava ad avere ritmi precisi e scanditi.
Ricominciare a fare un lavoro che non facevo da tantissimo tempo (anzi in quella situazione non ho praticamente mai fatto) e farlo nel mese di settembre è stato come uscire da una lunghissima vacanza, di quelle quando si cambiava scuola e non sapevi chi fossero i compagni e i professori.
Ansia e tensione, tanta all'inizio un po' meno alla fine quando la paura di fallire cala con l'esperienza o la rassegnazione, col conoscere l'ambiente e i vari modis operandi.
Le situazioni di disagio fisico e psichico, che a causa di un grosso trauma avevo a un certo punto deciso di tenere lontane dalla mia vita il più possibile, mi si sono parato davanti come un'opportunità che non potevo non cogliere anche se sapevo che sarebbe durata appena un mese (o forse proprio per questo l'ho colta senza tentennamenti) ma l'importante era riaprire quella porta.
Di questo settembre, tra un po' di tempo con ogni probabilità dimenticherò alcuni nomi e alcuni volti, mi piacerebbe che gli ultimi a non ricordare più siano quelli dei vecchietti e delle vecchiette a cui ho pulito il culo e dato da mangiare, corpi incapaci di muoversi autonomamente martoriati da piaghe, ferite e incontinenza totale, menti confuse o completamente andate, gente più di là che di qua, autorità umiliata.
I vari modi di richiedere aiuto e attenzione: l' “aiutooo!” gridati a bassa voce, l'insistente “aiutami, dammi qualcosa” ripetuto a macchinetta, come il misterioso “dammi la pace delle tombarelle”, i vari lamenti ma soprattutto i silenzi di chi ha rimasto soltanto gli occhi per farsi capire e poi tanta merda (e anche un po' d'influenza).
Dicono che “mucha mierda” porti bene, chissà.
1 commento:
è un calvario e non un lavoro. ma porta tanto bene. a loro. soli fra tanti. un abbraccio forte
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