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A Pavol cominciò a battere forte il cuore, indeciso se procedere a scoprire la verità o tornarsene indietro.
Toccò a Julius fare la prima mossa, stoppò un pallone che andava a tutta velocità dritto nel laghetto e invece di renderlo ai bambini che giocavano nel prato poco più in là con un passaggio di piatto destro, sollevò il pallone di quel tanto da imprimergli una traiettoria a palombella proprio in direzione della panchina.
“Gooool!”
Il pallone colpì l’ uomo sdraiato proprio alla bocca dello stomaco
“Mo boia de singuler!”
borbottò
I bambini non avevano il coraggio di avvicinarsi al pallone che nel frattempo aveva rimbalzato dentro a un aiuola di rose e lavanda.
Julius invece non si fece troppi problemi, passando proprio vicino alla panchina andò coi piedi nell’ aiuola e prima di tirare via il pallone non pensò altro che urlare
“Pallaaaaaaaa!”
e là, una sivella degna del miglior bomber teutonico.
Pavol non si aspettava certo un proiettile del genere, a stento riuscì a intercettarlo prima di essere colpito al basso ventre.
La palla rimbalzò quattro volte poi andò a rotolarsi fino alla panchina dove un uomo ancora assonnato stava slisciandosi una barba argentea che contrastava perfettamente col colorito bronzeo della pelle.
I bambini padroni della palla, intanto, si erano strategicamente allontanati dalla situazione.
Era come nella scena cult di uno spaghetti western quando tutte le comparse svaniscono lasciando il campo soltanto agli attori protagonisti, c’ erano Julius Linguaveloce a destra, a sinistra stava Pavol Tricheco e in mezzo ai due Aziz Bin Moah.
Poteva sembrare un duello impari o un triello, se mai possa esistere un termine del genere, ma la palla era in mano ad Aziz.
Se la stava rigirando in tutta la sua rotondità da una mano all’altra, percorrendo paralleli invisibili lasciati dall’attrito della ghiaia, la fece rimbalzare per terra riprendendola subito dopo nella morsa delle sue grandi mani, facendo questo si alzò in piedi mostrandosi in tutta la sua altezza, elegante nel suo completo grigio polvere.
Si guardò attorno, guardò la palla,riguardò attorno a se, vide Pavul e Julius, vide che lo guardavano, vide che si guardavano.
“Cs' avi da guardé?”
Ci fu un silenzio carico di dubbio, se mai quell’uomo fosse stato veramente Aziz come mai parlava quello strano idioma?
“Sono Pavol Tricheco, ti ricordi di me?”
Ci fu altro silenzio ma nell’archivio interno di Aziz il violinista qualcosa cominciò a muoversi tornò ad aprire vecchi armadietti abbandonati nel tempo e nello spazio, giunse alla fine di fronte a un vecchio armadietto di legno da dove estrasse un vecchio fascicolo impolverato, lì poteva leggere ancora un unica frase: Pavol Tricheco il mio primo amico.
Lasciando il fascicolo aperto sul tavolo sorrise, mentre due lacrime allegre gli scivolavano sulle guance.
Pavul e Aziz si abbracciarono lungamente e appassionatamente, facendo parlare solo i loro respiri, poi Julius Linguaveloce intervenne come può intervenire un pivello pirata che non conosce le buone maniere:
“Ooh! Vecchie checche le palle ce le ho secche, andiamo a far qualcosa, rubare in una casa, spaccare un po’ di ossa, andare un po’ in carrozza”
Pavol e Aziz per tutta risposta cominciarono a incamminarsi abbracciati come due vecchi amici ubriachi cantando una vecchia canzone da osteria, ognuno la propria, Julius alla giusta distanza li osservava e non capiva.
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