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Mentre i pirati trincavano rhum e stonavano “quindici uomini”, Pavol Tricheco e Julius Lingua veloce, gli unici umani rimasti fuori dalla taverna di Barbachiara, cominciavano a fare amicizia, Pavol Tricheco si mostrò interessato ai discorsi pieni di ritmo di Julius Lingua veloce e Julius si mostrò altrettanto attento a ciò che gli proponeva Pavul Tricheco:
“Hei…ascolta un po’ che idea mi è venuta…ma sto galeone?..ci siamo solo noi due,vero?..gli altri?..tutti a ubriacarsi come iguane nane dell’ arcipelago delle Citrulle, giusto?…e allora ecco la mia idea…rubiamolo!.”
Julius rimase per qualche secondo in silenzio come se aspettasse il proseguimento del discorso che Pavol Tricheco gli stava sussurrando all’ orecchio.
“Eh!?, bella idea vero?”
“Hei amico sei malato, il galeone è ancorato, ancorato per benino giù sul fondo, fondo marino, circa il peso è sei quintali, certo è un freno senza eguali, per tirarlo su dal fondo, ci vorrebbe tutto il mondo.”
“Acc!…forse si potrebbe tentare di segare la catena , no?”
buttò là Pavol Tricheco.
“Questo forse si può fare, ma ci do dobbiam sbrigare, se facciamo lentamente, si fa giorno certamente, se ci vede quell'unghiato, ci fa il cul color pelato.”
Presero mano a due lime che trovarono nella cassetta degli attrezzi lasciata incustodita da Turiddu e cominciarono a sfregare energicamente su uno degli anelli che formavano la catena, erano circa le 5 della notte e tra poco più di un ora tutti i pirati sarebbero tornati ai loro galeoni.
Passavano i minuti, Pavol Tricheco e Julius Lingua veloce limavano come forsennati ma il ferro non ne voleva sapere di cedere, i due però cominciarono a saldare un’ amicizia che sarebbe durata per molti anni ancora.
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