mercoledì 31 ottobre 2012

nuove province


(confini)



Io penso che l'accorpamento delle Province non ha alcun senso se non è accompagnato da un più necessario riassetto o abolizione di tutti i confini (compresi quelli comunali e regionali).
Fare riferimento semplicisticamente a confini già definiti non risolve nulla.

lunedì 29 ottobre 2012

la juve ruba, ruba alla juve


(spiegatemi)



Spiegatemi perché dal 22° scudetto al 23° sono passati 8 campionati.
Spiegatemi perché da quello tolto del 2006 ci sono voluti 5 campionati per riconquistare lo scudetto.
Spiegatemi Perugia 14 maggio 2000
Poi spiegatemi perché la Juventus non ha rubato sempre, considerando che da sempre la dirigenza è la stessa.
Fatemi capire sta cosa dell'Europa, quella che la Juventus non è capace di vincere niente perché lì non può rubare.
2 coppe dei campioni, 1 coppa delle coppe, 3 coppe Uefa, (2 super coppe, 2 coppe intercontinentali) ...6 finali perse.
Sì, conto anche le finali perse perché vuol dire che si è stati capaci di arrivare fino in fondo e la sconfitta può essere addebitata anche alla casualità non necessariamente all'essere scarsi.
Adesso provo a formulare una teoria:
considerando che il Milan ha vinto molto sia in Italia che soprattutto in Europa è molto più bravo della Juventus a rubare.
Perché lo ha fatto avendo come presidente un importante imprenditore che si occupa di settori strategici, il quale è un politico affermato per lungo periodo capo del governo italiano.
Il quale, inoltre, è stato ed è tuttora coinvolto in vari processi come imputato e  il quale recentemente è stato condannato dalla Giustizia italiana (non dalle chiacchiere da bar...) e considerato  persona con “una naturale capacità a delinquere”.
Oppure il Milan ha vinto perché aveva i giocatori migliori del momento...e pure allenatori capaci di farli giocare bene,  così come è successo all'Inter e a qualunque altra squadra italiano che ha vinto qualcosa.
Ma la Juventus, no, la Juventus è l'unica al mondo che sistematicamente ruba.



giovedì 25 ottobre 2012

venì, venì e mi amore


(la n'è brisal una rece)



La prima volta che ho conosciuto Pietro erano i primi anni '80, io ero un ragazzo dell'ACR e lui insieme ad altri educatori suonava nei “Duriam Duriam”.
Sono passati una trentina di anni, nei quali ho seguito il percorso musicale di Pietro, dai già citati “Duriam Duriam” (in seguito “Gulliver”) e i più intimistici “Vertigine Lenta” (“Lo stelo del fiore” a distanza di anni resta uno dei demo migliori che mi sia capitato di ascoltare), fino all'inizio della carriera solista e alla decisione di assumere lo pseudonimo Quinzân.
Gli ultimi dieci anni, grazie ad amicizie diventate comuni, li abbiamo trascorsi collaborando a stretto contatto nell'esaltante esperienza del folk festival “La Musica nelle Aie” e adesso sono qui ad aiutarlo nella promozione del suo nuovo album “Venì, venì e mi amore”.
La prima volta che ho ascoltato “Venì, venì e mi amore” sono rimasto un po' spiazzato trovandolo differente dai precedenti “U n' piov” e “Lom a merz”, ma ancora saldamente romagnolo, perfetta sintesi di quella Romagna,  terra tradizionalmente abituata ad assorbire e fare propri suoni provenienti da altre parti del mondo.
Venì, Venì e mi amore” è soprattutto un album che riesce ad esprimere al meglio quello che è il “mondo Quinzân”, un mondo fatto dell'amore per la propria terra, quella coltivata e che gli permette di produrre vini di ottima qualità, quella raccontata ai ragazzi che frequentano la sua Fattoria didattica e ovviamente fatto di tutte quelle esperienze sociali, culturali e relazionali vissute in prima persona da Pietro senza risparmiarsi.
Un album pieno di suoni, quasi schizofrenico con quel suo alternarsi di canzoni allegre e malinconiche (in realtà c'è un disegno ben preciso), che hanno il pregio di risultare piacevoli a seconda dell'umore... e dell'età di chi ascolta.

martedì 23 ottobre 2012

bendandiano


(trrmt)



Affermare con sicurezza che i terremoti sono assolutamente imprevedibili è sbagliato,
io credo sia più corretto dire che “per ora” non si possono prevedere i terremoti, in futuro chissà... potrebbero esserci delle nuove scoperte al riguardo (o forse qualcuno da qualche parte del mondo le ha fatte già)
Per cui sarebbe più onesto iniziare a dire “non si può avere l'assoluta certezza che un terremoto non si verifichi”.
Poi se il problema sta nel fatto che il terremoto è comunque un evento inevitabile e al massimo si può provare a limitarne i danni, siano essi in vite umane o materiali (culturali/economici), con una buona prevenzione, beh! allora questo è un altro discorso.

(sospendersi) tra stelle comete e nuvole



intanto ho cambiato la faccia al blog

domenica 21 ottobre 2012

lo specchio


(il passaggio dimensionale)



Uno specchio, specialmente se si tratta di uno di quelli un po' grandi e fatti molti anni fa, potrebbe non essere solamente uno specchio, ci sono infatti buone probabilità che si tratti di un passaggio dimensionale.
Per scoprirlo c'è solo un modo: quello di lanciarvisi contro a bomba, non conta toccarlo delicatamente o con un po' di forza in più così rimane uno specchio, solo prendendo la rincorsa e saltandoci contro senza paura si avrà la possibilità di passare dall'altra parte.
Se lo specchio è un passaggio dimensionale ci potrebbe essere il pericolo che dall'altra parte invece che uno specchio hanno messo un armadio, in quel nel caso ci si potrebbe fare molto male.
Quando entrate in una stanza con uno specchio che potrebbe essere un passaggio dimensionale siate rapidi nella decisione, sicuramente ci sarà anche un letto e sotto ci sarà un agente in divisa con una siringa in mano pronto ad iniettarvi una sostanza inibitrice.
Avrete solo voglia di mangiarvi delle patatine fritte dentro a un cartoccio.

sabato 20 ottobre 2012

una casa sottosopra

(incubi che si ricordano)



C'era che a un certo punto la casa è stata messa tutta sottosopra con aggiunte di strani oggetti e strane percezioni, mentre eravamo presenti.
C'era che a un certo punto appare una tipa, un po' ninja e un po' clown, che in maniera molto professionale si presenta e ci spiega quello che ha combinato, mostrandoci un catalogo con tutti i trucchi e rassicurandoci che nulla è stato danneggiato perennemente.

giovedì 18 ottobre 2012

ho un blog


(e non è un diario segreto)


Ho un blog che proprio 8 anni fa ho deciso di aprire, ritenendolo un modo semplice ma efficace per poter esteriorizzare qualcosa di me, bypassando l'ostacolo di quella timidezza che da sempre è il mio Tallone d'Achille.
Ho un blog che nonostante i vari passaggi di piattaforma resi necessari come lo è cambiare quaderno quando si arriva all'ultima pagina, da 8 anni si chiama “cose dell'Aldo mondo” e non a torto credo sia tra i più longevi in circolazione.
Ho un un blog che da sempre ho voluto non tematico sia perché non ritengo di avere argomenti in cui mi sento particolarmente ferrato sia perché e soprattutto mi piace poter agire con la massima libertà.
Ho un blog che nonostante la molteplicità di argomenti possibili col passare degli anni e con l'esperienza nel campo ho provato a rendere il meno possibile banale, evitando di cadere nel mode copiaeincolla (quanti ne vedo ridursi a trattare argomenti già trattati da altri senza aggiungere nulla di sostanziale) e cercando sempre di offrire una visione originale... mia.
Ho un blog e mi piace vedere se c'è qualcuno che lo ha visitato o se ha scalato classifiche come Blogbabel o Blogitalia, lo faccio perché non ci trovo assolutamente nulla di sbagliato  nel potersi compiacere di un'attenzione che si riceve
Ho un blog e mi delude accorgermi che le visite faticano a lievitare, così come le posizioni in classifica, nemmeno quando vengono inseriti nuovi post, mentre vedo da altre parti ricevere centinaia di visite anche in periodi silenti.
Ho un blog ma ho anche un Facebook e pure un Twitter che uso quasi solamente per avvisare quando c'è qualcosa di nuovo nel mio blog
Ho un blog che è aperto ai commenti e che addirittura ho voluto rendere più facili permettendo un anonimo click se ciò che appare piace oppure no.
Ho un blog che di commenti non ne riceve praticamente mai, come se tutti quelli che mi seguono su Twitter e tutti quelli che si dichiarano miei amici su Facebook (e parlo di numeri a 3 cifre) sfortunatamente non si accorgono di ciò che scrivo o piuttosto volutamente scelgono di ignorarlo, fino al punto da insinuarmi il dubbio sulla veridicità dei rapporti che intercorrono.
Ho un blog e non è un diario segreto...ora lo sapete.

lunedì 15 ottobre 2012

mi sento


Mi sento di stare a mio agio
solo quando mi adagio sul mio letton
Mi sento un tipo tranquillo
quando sono brillo in mezzo a un tifon
Mi sento di scalare un monte
se sono di fronte a un placido mar
Mi sento di andare a cagare
e se voglio pensare ci resterò un po'

domenica 14 ottobre 2012

e viaz


(36)

Le videocamere di sorveglianza poste all'ingresso della scuola segnalarono immediatamente qualcosa di anomalo alla centrale di controllo, presto due U.P.N.D. (Unità Personale Non Docente) uscirono dalle loro sedi e si diressero verso Julius, senza fiatare lo presero sotto braccio e lo nascosero alla vista degli altri alunni, che distratti dai loro nero manco si erano accorti di essere entrati nella scuola.
Il braccio meccanico di una delle due U.P.N.D. spruzzò un gas che fece entrare Julius in uno stato di ipnosi, lo portarono in una stanza e lì lo spogliarono gettando tutti i suoi indumenti in un bidone blu elettrico, finita questa operazione le due U.P.N.D. si divisero
i compiti, una sigillò il bidone con una spessa fascia di ceralacca per poi rotolarlo su un tapis roulant che portava chissà a dove, l'altra aprì un armadio a parete in cui in preciso ordine erano posti tutti gli indumenti bianchi che gli altri scolari abitualmente indossavano.
Con uno strumento di precisione fu presa la taglia di Julius, e in un batter d'occhio tutto il necessario fu posto su un manichino.
Dopo cinque minuti Julius uscì da quella stanza ancora stordito ma vestito di tutto punto, unica cosa a cui le U.P.N.D. non poterono porre rimedio: la crespatura dei capelli corvini, la pigmentazione della pelle decisamente troppo ombrosa e un Nero in dotazione giacchè solitamente questi venivano acquistati direttamente dagli alunni presso store convenzionati.

sabato 13 ottobre 2012

macchie di luci spente tra grigi paesaggi


il re triste e il pappagallo


(favole della ...notte)


C’era una volta, in un posto lontano da qui, un re tanto triste perché nessuno lo andava mai a trovare, il suo castello aveva le dimensioni di un monolocale e si trovava nascosto in un baobab, che ricopriva interamente un’isoletta che si trovava in mezzo al mare a molte miglia dalla costa più vicina.
Quell'isoletta poi, si trovava in una zona infestata dai terribili squali pitbull e non di rado ci si poteva imbattere in un uragano che sollevava onde alte quanto un campanile, tanto che mai nessuno aveva osato percorrere una rotta che passasse da quelle parti, anzi!
Si pensò addirittura di cancellare dalle carte nautiche, dai mappamondi e dalle mappe dei tesori dei pirati ogni minimo riferimento a quello sputo di verde nel mezzo del blu marino affinché fosse evitato che qualche incosciente temerario dotato di insana curiosità tentasse di attraversare quel tratto infernale.
Il re tanto triste un tempo non era triste, perché sull'isola, con lui, viveva un pappagallo di nome Jose, un pennuto verde dal becco giallo originario di un’isola caraibica, il re lo aveva soprannominato Jose poiché ogni qualvolta che il pappagallo notava qualcosa di sconosciuto interrogava il re con degli insistenti e gracchianti cos’è? cos’è?? cos’è??? e ciò rendeva fiero e felice il re che in quei momenti si sentiva importante.
Ma un giorno il pappagallo Jose venne a conoscenza di tutto quello che avrebbe potuto conoscere se fosse rimasto altri cento anni in quell'isoletta, così improvvisamente smise di chiedere cos’è? e una notte senza svegliare l’ amico re prese il volo e non torno più.

domenica 7 ottobre 2012

e viaz

(35)

Le cose andarono così per diversi mesi, alla fine dei quali Julius, dopo aver passato un esame da privatista potè iscriversi a scuola, era l'unico ad essere un po' scuro di pelle, tutti gli altri ragazzi erano color candeggio, dai capelli biondo platino tutti rigorosamente ingellati, riga sulle ventitre, camicia bianca, cravatta bianca, pantaloni di velluto a coste bianco,  mocassini bianchi, intimo, si suppone, bianco.
Unica eccezione l'arnese che tenevano sempre in mano, prima, durante e dopo le lezioni, un parallelepipedo simile a un quaderno che di tanto in tanto emetteva strani suoni e luci ogni volta che veniva sfiorato con le punta delle dita, in inverno abitualmente ricoperte da guanti bianchi.
Questo parallelepipedo veniva in gergo chiamato il Nero dal colore della sua verniciatura.
Julius era l'unico a non essere in possesso di un Nero e la cosa fu ben presto notata insieme al suo look decisamente fuori dagli schemi e al colore della sua pelle così tremendamente in contrasto con l'algido rassicurante candore di tutti gli altri alunni.

giovedì 4 ottobre 2012

Il videogioco, la svizzera, la benzina, pantani e dieci coppie di svedesi


(incubi che si ricordano)
Finire dentro a un videogioco precipitare in una specie di silos, non riuscire ad entrare dentro a una porta per passare di livello ed essere eliminati o passare dalla parte dei cattivi, non ricordare. Il problema di dover andare in Svizzera ed essere indecisi se è meglio prendere la corriera, l'aereo oppure andarci in automobile, scegliere la corriera e rendersi conto che sta andando in Molise. Ritrovarsi con l'automobile azzurra maldestramente verniciata di bianco solo perché inavvertitamente lasciata parcheggiata davanti a un'officina, con le quattro frecce accese e una porta non chiusa bene, fortunatamente mi vien detto che sia sufficiente passarci sopra delicatamente con un po' di carta per farla tornare come prima ma non è che c'è proprio tanto tempo, inoltre l'auto è anche a secco, ritrovarsi con due pompe di benzina dentro l'abitacolo, una moderna e una abbastanza vintage, per quello moderno ci vogliono i soldi, l'altro no e funziona, almeno sembra. Alla tivù stanno trasmettendo una tappa di montagna del Giro d'Italia, c'è il gruppo allungato in discesa, non conoscere assolutamente nessuno, riconoscere solo Pantani, con addosso una maglia rosa antico, se la sta cavando più o meno bene a metà della fila, non si sa perché c'è Pantani, non  dovrebbe esserci, ha smesso da anni, cioè proprio non c'è più. Svegliarsi, uscire che è mattina presto mentre in un giardino poco lontano stanno premiando dieci coppie di svedesi. Sentire un rumore e sta volta svegliarsi sul serio.

lunedì 1 ottobre 2012


supersound


(riflessioni di uno che ci bazzica da “vicino”)


Credo ci siano due modi estremi per esprimere un giudizio sul Supersound di quest'anno: dire che è stato un grandissimo successo oppure dire che è stato uno schifo inenarrabile ed entrambe sono sbagliati, infatti come spesso succede la verità viaggia tra le due sponde opposte.
Sicuramente il Supersound (come il precedente MEI) nasce con tutte le migliori intenzioni, di questo se ne sono agevolati molti che altrimenti non avrebbero mai avuto la possibilità di uscire dalla propria nicchia locale facendosi conoscere e riconoscere a livello nazionale
e va detto che mai qualcuno è stato costretto a rinunciare alla propria indipendenza artistica e culturale (è bene sottolineare questa cosa perché esiste in giro chi afferma il contrario).
In modo altrettanto onesto va considerato che il risultato ottenuto dipende in massima parte dalle aspettative e dal modo di proporsi che ha ogni singolo operatore, in questo l'esperienza, l'impegno e la conoscenza delle proprie potenzialità danno un grosso aiuto.
Però  esistono difetti imputabili all'organizzazione che hanno un'origine abbastanza remota e nel proseguire degli anni invece di affievolirsi si sono incrementati.
Uno di questi è il modo di porsi che denota la mancanza di uno stile carico di appeal: lo spam convulso e strabordante che anticipa l'evento (tanto che verrebbe da supporre l'esistenza di un'insicurezza di fondo) e tutta l'esaltazione spropositata che lo segue provoca un sentimento di fastidio e rigetto specialmente in chi finisce per esserne oggetto e per esperienza diretta sa benissimo non corrispondere alla realtà dei fatti.
Un altro difetto è la nitida percezione di una “stanchezza” che sta prendendo chi da molti anni se ne sta occupando senza riuscire (o volere) a trovare dei validi sostituti in grado di portare avanti il discorso con la stessa passione e abnegazione con cui era cominciato tutto.
Ma la caratteristica che emerge in maniera preponderante è la mancanza della volontà di scegliere.
Selezionare secondo un criterio sensato, impegnandosi a mantenerlo fino in fondo dicendo i sì opportuni ma soprattutto i no necessari, provoca generalmente più entusiasmi che malumori perché denota la precisione e la coerenza di chi agisce in questa maniera, al contrario l'abitudine di far entrare fino all'ultimo istante possibile qualsiasi cosa dentro a quello che tende a diventare un contenitore da “raccolta indifferenziata” finisce per soddisfare pochi e scontentare molti fino al punto di provocare risentimenti difficili da rimarginare e problematici se riguardano operatori e addetti di un certo valore.
In pratica si sa da dove si è partiti ma non si capisce assolutamente più dove si vuole andare e soprattutto se è una meta per cui vale la pena salire sul convoglio o è meglio restare fermi.
Da compaesano e operatore nel settore mi chiedo quali sono le prospettive del Supersound: è quella nazionale di un appuntamento per gli operatori e gli addetti del settore musicale (quello emergente, indipendente e alternativo), con la conseguente possibilità di farlo scoprire e apprezzare dalla gente (preoccupandosi principalmente dell'aspetto culturale poi di quello economico), oppure è quella rivolta al bisogno di accontentare i cittadini animando un istante della loro vita finendo per considerare più importante la quantità piuttosto che la qualità?
È evidente che una risposta a questo quesito, data con le dovute motivazioni, permetterà di agire di conseguenza trovando la strada migliore da percorrere insieme a chi quella strada può, vuole o deve percorrere.