(ciò che manca è la resistenza)
mettere
insieme dei pensieri per costruire un discorso sensato non è mai
facile quando questi pensieri sono tanti e anche un po' contrastanti
tra loro come quelli che si possono generare dopo episodi come quelli
del 15 ottobre a Roma, il rischio è quello di far di tutta l'erba un
fascio o di perdersi in “sìmaperò” altrettanto deleteri, ciò
che è certo è che la responsabilità di tutto questo non è da
cercare nei singoli o nelle situazioni circostanziate, la
responsabilità sta oltre e sta dentro ognuno di noi, è nell'epoca e
nella cultura che viviamo quotidianamente, quella della velocità.
Ciò che
ci sta fregando è il tutto e subito è l'abitudine a frequentare i
supermercati dove in poche decine di metri trovi tutto l'occorrente
per fare una spesa che una volta toccava fare almeno il giro del
quartiere e a ogni bottega bisognava aspettare il proprio turno prima
di poter essere serviti, è la moda del fast food, del self-service,
ovvero del contrario di tutto ciò che vuol dire sedersi comodi,
aspettare e gustare con calma, è sapere che un film appena uscito
nelle sale cinematografiche domani te lo puoi già vedere comodo dal
tuo divano di casa perché è già uscito il dvd o lo danno già in
tv, è quella cosa per cui ogni marchingegno che compri diventa già
vecchio che non hai avuto ancora il tempo per imparare a usarlo ed è
incompatibile, e tu diventi incompatibile, con ciò che gira attorno.
Ciò che
ci sta fregando è vivere in un'epoca in cui la cultura predominante
è quella del non saper attendere, è quella che per cui ci si stufa
presto delle cose, specie se queste non producono i risultati sperati
nell'immediato; certo è un modo di vivere a cui ormai siamo assuefatti, che ci piace perché
è comodo (già...comodità... altra cosa che ci sta fregando) e
allora succede che anche nelle cose meno materiali questa mania della
velocità, del tutto e subito, del non poter attendere, del cambiamento rapido prende il
sopravvento, quindi si cambia nome ai partiti, si cambia nome ai
movimenti, quasi vergognandosi di ciò che si era e sostanzialmente
si è ancora, si agisce di fretta, non ci si guarda attorno, non ci
si guarda dentro, si colpisce e si scappa, senza aspettare, incapaci ormai della pur minima resistenza.
Resistenza,
si chiamava Resistenza una sessantina di anni perché non è stata
fatta con velocità, non è stato un gesto rapido, uno sforzo
improvviso, lo scoppio di un petardo, è stata rinuncia, metodo, costanza, è stata pazienza che
non vuol dire stare immobili e inermi ma vuol dire scegliere la strada da percorrere e camminare senza fermarsi mai.