giovedì 24 marzo 2011

mimì

                                               Mimusha --/--/19--  24/03/2011

sì, mi chiamano mimì

sabato 19 marzo 2011

libi(er)a

(allora costrinsero un certo cireneo a portare la croce)



Me ne rendo conto, anni di pacifismo militante fanno un po' a cazzotti con quanto sto per dire ma credo che l'intervento militare in Libia sia giusto.
Giusto perché è deciso dall'ONU, l'unica organizzazione politica internazionale che coinvolge tutti i paesi del mondo e se si criticano le decisioni prese dall'ONU allora dovremmo mandare a catafascio un bel po' di cose costruite in tutti questi anni dal secondo dopo guerra in qua, e giusto perché si pone l'obiettivo di neutralizzare un dittatore che ha dichiarato guerra al suo stesso popolo.
Ovviamente considero qualsiasi azione militare giustificata finché è diretta a obiettivi strategici, riesce ad essere limitata nel tempo e soprattutto non coinvolge i civili.
Per questo mentre noto l'inconsistenza di una Lega che sta al governo ma è contro al governo scoprendosi improvvisamente pacifista probabilmente soltanto per il timore di trovarsi con poca benzina per il SUV e di un'invasione biblica da parte di gente che scappa da una situazione drammatica (ma tanto anche fossero in pochi per i leghisti si tratterebbe sempre di invasione) e mentre noto la pochezza di tanti destrorsi guerrafondai che furono pronti ad esaltarsi per l'intervento americano in Iraq causato dalle mai trovate fabbriche di armi chimiche e sono titubanti verso questo che è motivato da fatti evidenti che trova l'Europa vicina e in prima fila, considero la partecipazione dell'Italia obbligatoria se ci si vuole riscattare davanti alle altre nazioni vista la posizione “culbusona” che il governo ha assunto pochissimi mesi fa nei confronti del dittatore libico.

giovedì 17 marzo 2011

ad essere italiani


(patriot pride mode 150)



c'è del culo ad essere italiani come l'impero romano, c'è del culo ad essere italiani come roma, c'è del culo ad essere italiani come venezia, c'è del culo ad essere italiani come firenze, c'è del culo ad essere italiani come le dolomiti, c'è del culo ad essere italiani come il monte bianco, c'è del culo ad essere italiano come l'etna, c'è del culo ad essere italiani come dante alighieri, c'è del culo ad essere italiani come leonardo da vinci, c'è del culo ad essere italiani come michelangelo buonarroti, c'è del culo ad essere italiani come san francesco d'assisi, c'è del culo ad essere italiani come cristoforo colombo, c'è del culo ad essere italiani come giuseppe verdi, c'è del culo ad essere italiani come giacomo puccini, c'è del culo ad essere italiani come giuseppe garibaldi, c'è del culo ad essere italiani come una ferrari, c'è del culo ad essere italiani come guglielmo marconi, c'è del culo ad essere italiani come federico fellini, c'è del culo ad essere italiani come quando si vincono delle coppe europee o mondiali ogni anno, c'è del culo ad essere italiani come la pizza, c'è del culo ad essere italiani come il gelato, c'è del culo ad essere italiani come la pasta, c'è del culo ad essere italiani come il bel canto, c'è del culo ad essere italiani come la cucina mediterranea, c'è del culo ad essere italiani per tanti altri piccoli o grandi "come" ai quali ciascuno è sensibile, per tutto il resto o quasi è sfiga.

lunedì 14 marzo 2011

ma che cultura?

(a fajence)


Quando la cultura eccede nell'onanismo è un fallimento.
Trovo che questo sia il risultato di certe situazioni di mia conoscenza che da almeno cinque anni, si riempiono la bocca del termine cultura alternandolo con altri vocaboli quali arte o contemporaneità.
Sia ben chiaro, l'idea di base è ottima e anche coloro che si sono assunti il ruolo di promotori hanno (avrebbero) tutte le carte in regola, ma ritengo che a questo punto invece di continuare a raccontarsele sia giunto il momento di tirare le somme e sinceramente io non ho visto e non vedo dei grandi risultati.
Credo che si sia voluto puntate troppo in alto, scegliendo percorsi invisibili e incomprensibili alla gente, la quale purtroppo nuota in un livello culturale piatto e molto basso. 
Con ciò non voglio dire che ci si dovrebbe adattare a questa melma però sono convinto che esistano ben altri modi di fare cultura per elevare e smuovere il livello culturale anche di chi apparentemente appare alieno al riguardo.
Non è la gente che deve andare verso la cultura ma la cultura che deve andare incontro alla gente e la gente checchè se ne dica ne ha sete, però è necessario che le si faccia notare che ciò che le viene offerto è potabile e dissetante e non un intruglio che anche l'occhio tende a rifiutare.
L'esempio non mancherebbe e guarda caso è quello che relativamente al tam tam promozionale e al supporto finanziario è quello che muove più gente e non riceve critiche.

domenica 13 marzo 2011

cose strane

(che succedono in una settimana)


Qualche giorno fa ricevo l'invito a partecipare in rappresentanza di Musica nelle Aie alla cena del Lom a Merz che a causa della neve era stata rimandata al martedì grasso, cena a cui accetto di partecipare pur essendo fino all'ultimo titubante sapendo di non avere insieme a me una compagnia con cui condiverla, ma una volta arrivato sul posto mi trovo piacevolmente seduto al tavolo delle personalità più importanti in una serata a base di chiacchiere e simpatiche curiosità sulle manie e i modi di fare di noi romagnoli.
L'altro giorno un'amica che ha scritto un libro sulla musica indipendente in Italia mi chiede di essere io a  intervistarla in una presentazione del libro a Faenza, accetto e rischio perchè una cosa così non mi era mai capitato di farla...e alla fine è andata bene (mi dicono).
Intanto l'organizzazione di Musica nelle Aie è arrivata a un momento molto importante, quello in cui i gruppi che parteciperanno sono stati decisi e si aspetta da loro la conferma alla disponibilità di partecipare, ovviamente è anche il momento in cui le email e le telefonate si moltiplicano e io sono quello che le riceve e risponde perchè gestire il rapporto con i musicisti è uno dei miei compiti.
E qualcuno nel frattempo tra il serio e il faceto mi faceva notare che non conto niente perchè non sgomito.




martedì 8 marzo 2011

che col solo tuo fortore

(haute poésie)

E’ caplan dla Camalâna,
al vestir dei sacri panni,
già compiva i ventott’anni
e, par sgr ê zia o par furtôna,
u n’ saveva ac bus ch’e’ foss
quel che al don agli ha tra al coss.

Grând e gross e zizulon
l’era za in etê ciumpida
senz’avela mai sintida;
l’era mört da la passion
d’ave’ ancora l’usël gnar
cun la voja de sumar.
Tot al völt ch’uj si drizzeva
che cazzaz u s’ spavinteva;
a sintissel diventê’ dur
u s’ ciapeva dal pavur
che e’ cureva in sacristì
a dì zent avimarì.

A gridare:
nell’uccello c’è il demonio!
Prutizim vo, San Michil,
che l’usel u m’ vola in zil!
Miserere, Angelus Dei,
abassemal sinò a m’ svei!>

Mo a la longa l’ucasion
la ven nenca pr’i mincion
e, par sgrezia o par furtona,
e’ caplan dla Camarlôna
l’arivè a cnóssar a ch’us
ogni dona l’ha che bus.

E’ fo acsè: un dè d’istê
e’ caplân, dop ch’l’avet dsnê,
uscì in piccola montura
e andò in cerca di frescura,
e l’andè dentr’una rosta
ch’era lì poco discosta,
a zarchêr un sid propizi
par pute’ lèzzar l’Ufizi.

Tot ‘t ‘na völta ‘d tra la rosta,
entro l’ombra più nascosta,
ecco vide all’improvviso,
apparirgli il paradiso!
Una zovna nuda neda
l’era in tëra mëz stulgheda.

La più bella creatura
ch’aves fat mai la natura!
Una sposa ‘d vintrì en
ch’l’era steda a lavê’ i pen
zo int e fiôn e quindi ‘d sora
l’era avnuda a vstiss alora.

In che méntar che e’ caplân
u i guardava pöc luntân,
la spuslena, ch’la cardeva
d’ ëssar sola, la s’ sugheva
cun un pècol fazzulet,
senza des insona briga,
la s’ sugheva al su bël tet,
la s’ lisceva e’ pel dla figa.

E’ caplân a tal spettacolo,
come innanzi al tabernacolo
ed ai sette sacramenti,
u s’ mitè d’ bota in l’attenti:

che splendore di bellezza!>
Par tot quânta la figura
l’era tota una carezza.

Do titini tondi e duri
de culor dal pesg maduri;
una chêrna biânca e féna
ch’u i pareva insò la bréna,
e du fiânc straurdineri
fat icsè a la perfeziôn
da fe’ ande’ in rivoluziôn
tot i prit d’un seminêri.

E’ caplân u s’ sentiva un cvël
ch’u i cureva par la pël;
u s’ sinteva batr’e’ pôls,
e l’usël, drizzënd la tësta,
u i rumpè tri pton dla vësta!

Propri alora la spusléna
la s’ vultè mustrend la la schèna
e in quell’atto fa vedere
il magnifico sedere!
E’ piò bël cul dla Rumâgna
E’ fo quel ch’a s’ vest alora,
l’era un cul da ciavadora
piò la n’ha, piò la s’in magna!

D’un candor di neve intatta
risplendea quel giovin cul
cun ‘na chêrna icsè campata
da machêi insò i pignul;
e int ‘na ciapa u j’ra un nì
d’un ciof ‘d pel nègar guarnì.

Ma la grande meraviglia
fu quand’ella spalancò
con le mani la vermiglia
rosea fica e l’osservò:
la guardò, ciumpend e’ mes
ch’u i doveva avnì e marches.

Rosea fica, alto mistero
per cui vive il mondo intero,
che col solo tuo fortore
fai ballare il cazzo e i cuore;
lascia ch’io ti benedica,
o sovrana, rosea fica!



Icsè dentr’a lò e’ pregheva
E’ caplân intânt ch’u i guardava:
e’ dseva
u i circonda e’ bus de mel!
Com ch’u i zira intorn’a i spìgul
e u j’ariva fena e’ blìgul.
san Michil, quel l’è e’ su sid
par l’usël da fêi e’ nid!>.

Mo int e’ vdela ch’la s’aguè
e a sentila a fê’ la pessa,
e caplân fuori di sé
u s’ scurdè Dio e la messa
e, infuocato e ardente in viso,
sbucò fuori all’improvviso.

Cun l’usël fura dla tonga,
da la schéna negra e gonga,
da la ruvida cappella
che a tri dopi la s’arbëla,
ch’u m’ pareva, a so sincer,
e’ spintacc d’un canaver,
e’ caplân tot infughì
e’ curè ‘d bota da lì.

La spusléna a tal sorpresa
lan s’in dà gnénca pr’intesa,
ma scoppiando in gaia risa,
la dis sobit:
com e’ ved a n’ sen in cisa
e u s’ po fê’ tot quel ch’u s’ vö:
ch’u m’aiuta donca un pö
ch’a m’ voj mètar la camisa.

Mo e’ caplân u s’jaburè adoss,
e’ cminzè a mursêj al coss,
e’ cminzè a basëj al tet,
e’ cminzè a lichêj la figa
sgond e’ möd ch’l’aveva let
int i livar ‘d störia antiga!

La spusléna la rideva;
, l’esclameva,
e al pensier di sverginar
un usël incora gnar,
la tulè la precauzion
d’inznucêss a cul buson.

E’ caplân ch’u la ved pronta,
preparêda par la monta,
u j’apogia la capëla
ch’la s’arvess coma un’umbrela
e, dasendi un gran calcon
cun l’usël, cun i cojon,
trionfante entrò nel tempio
sacro all’uomo e buono ed empio.

Teodoacre (poeta romagnolo di fine '800)


venerdì 4 marzo 2011

sssssssss

(incubi che si ricordano)


correre lungo un viale per evitare di essere raggiunto dal morso di lunghi e sottili serpenti colorati ma al contempo bloccarsi e rimanerne affascinati.


giovedì 3 marzo 2011

mino mi batte

(babbo)
penso ai suoi ottantuno anni, penso ai miei quaranta, penso ai suoi quarant'anni e poi penso che a guardare ai vari aspetti della vita Mino mi batte.
E penso anche che se sono fatto così un motivo dev'esserci, il suo stile e le sue scelte che io ho assimilato e trasformato...ed è l'unico pregio che mi do.